Viajar descanta, ma chi parte mona torna mona

Mensajes etiquetados Sarajevo

Vent’anni dopo-Ringraziamenti

 

Per i libri

Paolo rumiz, Ivo Andric, Mesa Selimovic, Luca Leone

 

Per idee, suggerimenti, dubbi, spunti

Elisa Elena, Sonia, Paolo Rumiz

 

Per chi sopporta le idee folli

Anna, Diego, Dario, Julia

 

Per avermi insegnato l’ospitalitabalcanica( e avermi fatto innamorare della gente)

Katarina, Sabina e Petar, Ferida e Haris, Boris, Amela, Anel

 

Vent’anni dopo-Ringraziamenti

 

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Paolo rumiz, Ivo Andric, Mesa Selimovic, Luca Leone

 

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Anna, Diego, Dario, Julia

 

Per avermi insegnato l’ospitalitabalcanica( e avermi fatto innamorare della gente)

Katarina, Sabina e Petar, Ferida e Haris, Boris, Amela, Anel

 

Vent’anni dopo-Ringraziamenti

 

Per i libri

Paolo rumiz, Ivo Andric, Mesa Selimovic, Luca Leone

 

Per idee, suggerimenti, dubbi, spunti

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Per chi sopporta le idee folli

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Per avermi insegnato l’ospitalitabalcanica( e avermi fatto innamorare della gente)

Katarina, Sabina e Petar, Ferida e Haris, Boris, Amela, Anel

 

Vent’anni dopo-La Polveriera

Ora mi interessa fissare alcuni spunti che mi girano per la testa e che non mi danno tregua.

Balcani..montagne buone solo per agguati fa dire Paolo Rumiz al personaggio di un suo libro..e mi e’ venuta voglia di verificare, punto da cui partire in questo discorso complicato in direzione est.

A Fiume mi sono sentito dire che in fondo siamo mediterranei, figli dello stesso mare che avvicina le sue sponde costantemente da secoli..

 

A Jajce ho ascoltato le ragioni di chi cerca, quotidianamente e faticosamente di scrostare le scorie del pregiudizio nella testa di bambini indottrinati gia’ in tenera eta’. Ho condiviso l’ansia di chi mi racconta di tensioni crescenti in seno a queste valli di montagna, divisioni artificiali strumentalizzate ad arte da politicanti d’ogni parte.

Nel cantone di Zenica ho percepito la chiusura in se stessi di certi bosgnacchi, in una sorta di auto-difesa del proprio microcosmo personale come unica arma di resistenza. Ascoltando parole e discorsi che non trasmettono nemmeno piu’ la rabbia di cittadini abbandonati dallo stato, avvitandosi in un fatalismo da soppravvivenza spiccia.

 

Viaggiando verso nord, li’ dove comincia la pianura pannonica i problemi, mi dicono, riguardano sopratutto un’identita’nazionale. Il sentirsi bosgnacchi e’ il vero nodo centrale di tutta la questione: imparare a riconoscersi come comunita’ eterogenea ma dotata di un sentire comune al di la’ delle differenze religiose usate da chi a interesse a dividere e speculare. Questo ascolto a Tuzla seduto in uno dei tanti caffe’ all’ europea del centro citta’ chiaccherando con Boris l’attore e i suoi amici parlando di bosnia prima e di italia poi. E mi gela il sangue quando con ostentata tranquillita’ cita Rumiz senza conoscerlo e mi dice:” vedrai, gianni, che ci arriverete anche voi! A disgregarvi e a dissorvevi in una guerra fratricida…lo sai che il prefisso telefonico della Jugoslavia e’ il +38?…e il +39 a quale stato appartiene?”

 

” la nostra difficolta’ nel capire la Bosnia nasce proprio dalle resistenze dell’Europa a discutere su sevstessa e a fare i conti con la propria storia.Noi rimuoviamo la Bosnia anche per la paura di doverci guardare in essa come in uno specchio.”

 

 

Vent’anni dopo- Sarajevo

Sono sensazioni strane quelle che provo in questa citta’, capitale della bosnia-erzegovina, cosi’ tristemente famosa per l’assedio piulungo della storia europea moderna.

Ottimi gli spunti che trova la mia macchina fotografica, disseminati un poovunque in centro e nei quartieri circostanti( Kontuk e grbavica su tutti).Anche se sento mi manca un qualcosa che non riesco a raggiungere, complici il sole rovente e l’afa asfissiante.

E si comincia dalmercato di Baščaršija, antico nodo commerciale giudaico-turco che fece le fortune mercantili di questa citta’, traformato nella caricatu di se stesso, dandomi la sensazione di un suk per lonely planet.

Con l’amaro in bocca cerco rifugio nei parchi della ulica marsala tita, trovando ombra e saravajesi veri che giocano a scacchi, bambini urlanti, madri rincorrenti e ragazzini hiphoppettari

Mi muovo sulla riva destra della Mijanka a cercare conforto nei quartieri di kontuk e grbavica, li’ dove trovo ruderi buoni per la forocamera e case ristrutturate della borghesial locale.

Sono sincero: nemmeno per un minuto ho perso la testa per questa cittadi cui, mia colpa, non ho capito il fascino. Di un cosa perosono convinto: la sua anima giocosa, multiculturale e festaiosa earrivata fino a me contagiandomi. Citta’ tremendamente attaccata ai suoi ritmi metropolitani variopinti, balcanici,europei e orientali

 

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