Viajar descanta, ma chi parte mona torna mona

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Dandalu-Estaccion de Trenes de Ronda

Ci sarebbe da scrivere un racconto su questa stazione, lontana mille miglia dalle grandi stazioni moderne. Non perchè sia vecchia e lugubre come qualche stazione fantasma di italica memoria…anzi questa stazioncina di provincia è dotata sostanzialmente di una infrastruttura tendenzialmente moderna, costruzioni recenti, biglietteria computerizzata e strutture che si possono a ragione definire nuove.

La sua particolarità non risiede in nessun vezzo infrastrutturale e in nessuna velleità, di qualunque genere esso possa essere.

Quel che la rende così speciale è il suo utilizzo molto diverso dall’idea generale per cui viene pensata e costruita solitamente una stazione,cioè adibirla a treni e passeggeri.

Questa stazione è innegabilmente un centro sociale occupato.

Si, avete capito perfettamente: un centro sociale occupato, con tanto di occupanti che ne difendono l’autonomia dall’esterno. Non ho approfondito con loro se costoro si richiamino maggiormente alle esperienze maoiste di Radio Alice, se preferiscano la galassia dei disobbedienti o simpatizzino per l’anarchismo cooperativo.

Quel che è certo è l’attaccamento a questo spazio e l’amore che ci mettono nella frequentazione e nella cura: sono così compatti e solidali tra loro da aver persono convinto ad unirsi alla loro causa il bigliettaio e adirittura una guardia della sorveglianza!!!.

Insomma questi nonni ( che di vecchietti parliamo, tra i 65 e gli 80 anni che, malgrado la differenza di età sono molto uniti) hanno dapprima occupato e poi trasformato questo luogo altrimenti vuoti, questa stazione nel loro centro sociale. E si trovano qui già dalle prime ore del mattino ( prestissimo se consideriamo le abitudini iberiche) per difendere il loro spazio e parlare degli argomenti più filosofici: tempo, morti, futbol e qualche volta la Once ( una specie di lotteria nazionale tipo Superenalotto italiano).

Ai nonni va il nostro plauso incondizionato per avere creato la prima stazione sociale occupata di cui si abbia notizia.

Dandalù-Vejer de la Frontera

scappo…di mattina presto da una Cadiz ingorda di turisti ….sorseggio un cafe’ solo di fretta ad un bar di vecchi del posto, attratti dal mio grande zaino. Scappo da una città su cui avevo aspettative migliori, non lo nego…

scappo in provincia…su una collinetta a metà strada tra Cadiz e la punta di Tarifa, scappo nel paesino di Vejer. Idea nata per caso, come spesso mi accade, si rivela molto azzeccata.

Appena arrivato cerco un hostal trovato chissà come in internet e non lo trovo…ma faccio subito l’esperienza con la candida gentilezza andalusa: mi fermo ad un tabacchino a chiedere dove è questo hostal….il tabaccaio si offre di accompagnarmi…tanto sono un centinaio di metri…e fatti 20 metri incrociamo il proprietario in un baretto la’ vicino…il viejo dueño mi prende in consegna e mi scorta fino in camera

Vejer…tutte queste casine bianche di calce che si arrampicano intorno alla collina a formare la città vecchia. Lascia la macchina, se ce l’hai,, giù ed esplora il labirinto di calles e scale, fatti guidate solo dalle svolte causali del tuo istinto, ascolta gli odori, affina i sensi, chiudi gli occhi e vai…

il piacere e la voglia di perdersi in questo ripido piccolo labirinto di saliscendi è parallelamente proporzionale alla gioia della riscoperta del piacere che ti assale, svoltando ad una curva…inciampi in un mirador con vista panoramica sulle colline circostanti.

Mi ci voleva proprio….antitodo migliore a tutte le paranoie e alle fatiche di una gola dolente e di uno zaino pesante…

qualcuno scrisse e cantò..per la stessa ragione del viaggio viaggiare….

ps: appena posso metto anche un po’ di foto….è che ho qualche problemino con internet….

Dandalù- Cadiz Capital

sottotitolo: la ultima que se va es la experanza…no es la barriga!!!

Cadiz ha una lunga storia ed un’alta considerazione di sé….

nacque come avamposto dei fenici, che costruirono su questo spuntone di roccia un loro primo insediamento e porto, Gadiz appunto. Si susseguirono Romani (Julia Augusta Gaditana, da cui ancor oggi sono chiamati gli abitanti), gli arabi poi ( Qadis) e infine, con la reconquista gli spagnoli. E finalmente la città ebbe pace e un nome duraturo: Cadiz.

Questa piccola excursio storica la devo a Javi, uno dei due cugini argentini che mi ha gentilmente ospitato ieri e che conoscendo la storia della città me l’ha raccontata!!!

Stamattina, dopo una giornata campale passata al cazzeggio e alla playa, ho cominciato a gironzolare per la parte più antica di questa cittadina che ha la forma di una lancia lunga e stretta che termina in un pugno ( la definizione è copyright di Giulia).

Mi sono concentrato, nella prima parte di mattinata, nella riva destra del casco historico, tra plaza Sevilla e Plaza de España, con una piccola ma significativa deviazione dalle parti della Cattedrale.

Armato di curiosità mi sono addentrato nei vicoletti della città vecchia, bella testimonianza della commistione di costruzioni di più epoche come ogni tanto capita nelle città di mare che si affacciano sulla vasca da bagno del Mediterraneo.

Il grazioso piccolo labirinto di vicoli sembra fatto apposta per dare la breve sensazione di perdersi…ma qui la mappa della città è abbastanza superflua….dopo due o tre incroci sbuchi immancabilmente su un paseo fronte mare!!!

Molta caruccia, sopratutto se fatta nell’orario prima di cena è la passeggiata sul lungo mare dalla parte opposto, dove si trova la playa preferita dai locali, la Cayeta.

Si gode di un ottima vista sulla cattedrale, con una suggestiva luce….magari accompagnata da una cervecita in riva all’oceano….

LaQueridaVozDeSevilla-La Macarena

 

E oggi…oggi è  barrio macarena, santa virgen de macarena. Dopo aver visto Santa Cruz, Triana, Alfalfa e San Lorenzo.

e la Macarena lascia senza parole ma con un emozione che ti riscalda dentro fino a farti brillare gli occhi.

una plaza alameda ti riscalda il cuore, circondata da tante pittoresche  vie, un mercato rionale, dove godersi il chiacchericcio andaluso…farsi ammaliare dai locali venditori ambulanti..specchio d’una umanità varia e pulsante. una onda di corpi che fluttuono perpetuamente…che te lo fanno sembrare una qasbah.

Come ieri sera, questa è  la caliente siviglia dei sivigliani, del loro modo di vivere, del muoversi e del lavorare lentamente e chiaccherare velocemente.

Ci ho guadagnato a spegnere il cervello e aprire il cuore, x guardare macarena, e + in generale Sevilla, di pancia.

Con una punta di sana autoironia mi trovo a ridere di me stesso e dei miei mille pensieri che ogni volta mi faccio, delle mille domande che mi assilano…questa città mi entra dentro…le mie aspettative non rimangono deluse, solo ora me ne rendo conto. Mi aspettavo di trovare qui quella città che avevo a lungo cercato l’estate scorsa per la penisola iberica…quella città così speciale da innamorartene fino a farti brillare gli occhi quando ne parli. E ne ho la consapevolezza ora. Solo che questo innamorarsi è venuto alla maniera sivigliana: a poco a poco!! E’ lei che conduce la danza..caballero!

LaQueridaVozDeSevilla-Sur..Sur..Sur…

 

Venire a siviglia, anche se solo per pochi giorni per me, ha significato una tappa di una strana

cosa cominciata ormai quasi due anni fa. Questa citta’, con i suoi vicoli pieni di fiori, le sue case tinta pastello, i suoi tanti, tantissimi parchi, la sua gente disponibile, la terra rossa….e’

terra di sud.

sud come parola che descrive uno stato geografico ed uno stato filosofico: come se ci fosse , in me e forse in altre persone, una sottile linea che congiunge molti sud del mondo. molti , ma non tutti, almeno per me. non si spiegherebbe altrimenti l’emozione che mi ha scombussolato lo stomaco quando ho messo piede in aereporto e ho visto, nei campi alla periferia di siviglia la stessa terra rossa riarsa del sole di altri sud come il salento o napoli.

e allora forse esiste davvero questa linea che congiunge alcuni luoghi geografici visti e altri non ancora visti, ma ugualmente “sentiti” come parte di un unico sud. perche’ se e’ vero che in ognuno di questi ho sentito quella alchimia che li lega. altrimenti non si spiegherebbe perche’ ci siano dei luoghi che voglio assolutamente visistare e che sento come miei, in quanto parte di questa linea. non vedo altra spiegazione se non quella di intravedere, magari incosciamente questo legame che unisce l’andalusia al salento, napoli a siviglia, la sicilia a buenos aires, la puglia alla patagonia.

siviglia ha delle bellezze che si possono facilmente elencare, guardare e ammirare paesagisticamente, architettonicamente e artisticamente. quello che me’ difficile spiegare e’ quella conferma che mi ha dato dal primo giorno che sono arrivato: la conferma che il mio istinto non si sbagliava quando insisteva a farmi venire qua. perche’ qua avrei trovato un’altro pezzettino di me. un pezzettino che e’ estremamente difficile da spiegare a parole, perche’ un percorso che non ha punti fermi a cui aggrapparsi, ma come unico filo conduttore faticosamente riscontrabile in questo evanescente sud. che diventa prima di tutto condizione mentale ed emotiva prima che geografica. un filo che segue percorsi poco lineari e accostamenti inusuali. e che non so ancora dove mi portera’.

e se quella voce che tanto insistette per farmi venire qui, per dirmi che qui a siviglia avrei trovato un po’ di quel sud che tanto mi sembra chiamare in questo periodo della mia vita e che tante cose sta smuovendo in questi giorni…..questa voce…dicevo…come posso ignorarla…come posso far finta di niente quando mi sta imponendo di a proseguire nel dipanare questo filo che mi conduce verso la prossima meta.

Al Sur.

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